Covid-19 e bambini, la trasmissione avviene in famiglia

La conferma viene da un ampio studio clinico nazionale promosso dalla SIP insieme alla SITIP

di Guido Castelli Gattinara Presidente SITIP

Articolo pubblicato su Pediatria – numero 3 – marzo 2021 – pag. 20

In un articolo pubblicato il 16 marzo scorso su “Frontiers in Pediatrics” vengono riportati i risultati dello studio nazionale sull’infezione da coronavirus in età pediatrica che è stato condotto dalla Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP) insieme alla SIP. Lo studio descrive la sintomatologia clinica e gli esiti di malattia in una popolazione pediatrica particolarmente ampia, gestita sul territorio nazionale sia ambulatorialmente che in ospedale, durante la prima ondata di Covid cioè fino al 15 settembre 2020. Sono stati raccolti i dati clinici di 759 bambini, di cui 688 sintomatici.

La maggior parte dei bambini (70,5%) aveva almeno un genitore infetto, con la madre portatrice nel 60% dei casi e un contatto stretto con un altro familiare infetto in un altro 10% dei soggetti. Inoltre circa il 50% dei bambini arruolati aveva più di un membro della famiglia infetto. Questi dati indicano come nell’infanzia la trasmissione avvenga in particolare all’interno del nucleo familiare, determinata probabilmente dalla maggiore promiscuità dei contatti. Tra i bambini che presentavano sintomi, il più comune è stato la febbre (82%), seguito da tosse e rinite. I disturbi respiratori sono stati riportati nel 52% dei pazienti, con dispnea nel 9%, mentre i sintomi gastrointestinali sono stati osservati in un quarto dei soggetti (26%).

Lo studio ha rilevato come in quasi il 20% dei pazienti sintomatici si siano manifestate complicazioni, spesso legate a comorbilità preesistenti. Nonostante il 47% dei pazienti di questa casistica sia stato ricoverato in ospedale, la degenza è stata in generale breve, tanto più breve quanto più piccoli erano i bambini. Solo il 4% di essi ha avuto bisogno di cure intensive. Le coinfezioni virali, le condizioni cliniche sottostanti, l’età tra i 5 e i 9 anni, e la linfopenia sono state statisticamente correlate al ricovero in terapia intensiva. Tutti i pazienti, tranne tre, sono completamente guariti; tra questi, due sono deceduti (uno affetto da grave cardiomiopatia per una patologia metabolica, l’altro da atresia esofagea e severa patologia cardiaca), il terzo ha avuto degli esiti (aneurisma delle coronarie). Questo studio, che raccoglie una delle maggiori casistiche a livello europeo, fornisce una importante chiave di lettura sull’andamento dell’infezione da Covid-19 in età pediatrica e conferma da un lato la minore gravità clinica della patologia nei bambini rispetto agli adulti, dall’altro che le complicanze sono fortemente legate alla presenza di comorbilità precedenti. Tuttavia seppure le manifestazioni cliniche gravi siano inferiori rispetto all’adulto e all’anziano, l’età pediatrica non è esente da forme gravi, specie a carico dei più fragili, che sarà quindi necessario proteggere. La protezione di un vaccino diventa quindi una esigenza impellente e studi pediatrici specifici devono essere implementati fin da subito, non dopo quelli dell’adulto. Specie per le nuove molecole vaccinali, una precoce e parallela impostazione di studi pediatrici è diventata impellente. I dati pediatrici di questa sorveglianza continueranno ad essere raccolti negli ambulatori territoriali e negli oltre 50 Centri clinici coinvolti a livello nazionale, per verificare come questa infezione evolve nel tempo, anche in funzione della diffusione delle varianti virali del SARS-CoV-2 in Italia.