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Calprotectina fecale: istruzioni per l’uso
Il dosaggio risulta essere utile principalmente nella diagnosi e nel monitoraggio della malattia infiammatoria intestinale
di Paolo Lionetti, Dipartimento Neurofarba, Università di Firenze SOC Gastroenterologia e Nutrizione AOU Meyer
Erasmo Miele, Centro di Riferimento Regionale per le Malattie Infiammatorie Intestinali AOU “Federico II”, Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Sez. di Pediatria, Università di Napoli “Federico II”
Articolo pubblicato su Pediatria – numero 3 – marzo 2021 – pag. 27
La calprotectina è una proteina di c36 kDa, legante il calcio e lo zinco, appartenente alla famiglia delle proteine S100 (S100 A8/A9), con funzioni regolatrici nelle reazioni infiammatorie. Essa è presente nei tessuti e nei fluidi, è particolarmente abbondante nei neutrofili e nei monociti, e possiede numerose funzioni biologiche, come l’attività antimicrobica e antimicotica. La calprotectina, inoltre, risulta essere resistente alla degradazione enzimatica e quindi conservabile e facilmente misurabile nelle feci, proprietà che è alla base della sua utilità clinica. Sin dalla sua prima descrizione nel 1980 da parte di Fagerhol, la calprotectina ha visto un uso senza precedenti nella pratica clinica in un’ampia varietà di condizioni che vanno dalla malattia infiammatoria intestinale ai disturbi gastrointestinali funzionali. Tuttavia, proprio il suo largo utilizzo, molto spesso, ne ha determinato un uso improprio. Per tale motivo il Comitato di Gastroenterologia della Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (ESPGHAN) ha sentito l’esigenza di produrre un position paper che rivedesse le evidenze esistenti sul valore della calprotectina fecale nei diversi disturbi gastrointestinali del bambino, formulando, ove possibile, raccomandazioni per il suo utilizzo. In particolare, il position paper fornisce raccomandazioni relative al campionamento, ai metodi di misurazione e all’interpretazione dei risultati.
Per quanto riguarda la raccolta dei campioni, questi possono essere prelevati dalle feci in qualunque momento della giornata e conservati a temperatura ambiente per un massimo di 3 giorni, o in frigorifero per un massimo di 7 giorni, senza necessità di trattamenti particolari. La raccolta di feci dal pannolino non è raccomandata per il rischio di risultati falsamente elevati; parimenti, non dovrebbero essere raccolte feci durante o subito dopo una pulizia intestinale effettuata per indagini endoscopiche. Nella popolazione generale, i valori di calprotectina fecale tendono ad essere più elevati nel bambino rispetto all’adulto, con una correlazione inversamente proporzionale tra valori di calprotectina fecale ed età; tuttavia, non sono ancora disponibili dei valori di riferimento che tengano conto dell’età del soggetto. Nello specifico, il valore limite di 100 μcg/g non andrebbe utilizzato nei bambini di età inferiore ai 4 anni, a causa dell’ampia variabilità interindividuale registrata in soggetti sani appartenenti a questa fascia di età. Pertanto, in considerazione di tale variabilità, soprattutto nei bambini al di sotto dei 4 anni di età, gli esperti raccomandano che le scelte cliniche non si basino esclusivamente sui valori di calprotectina fecale, ma che tengano sempre in considerazione il contesto clinico globale. Il dosaggio della calprotectina fecale risulta essere utile principalmente nella diagnosi e nel monitoraggio della malattia infiammatoria intestinale, nonché per differenziarla dai disturbi gastrointestinali funzionali. Inoltre, un aumento della concentrazione di calprotectina fecale può mettere in guardia dal rischio di sviluppare enterocolite necrotizzante e aiutare ad identificare il coinvolgimento gastrointestinale nei bambini con porpora di Henoch-Schönlein. Al contrario, la calprotectina fecale non è di supporto nella diagnosi delle coliche infantili, né nella diagnosi differenziale tra stipsi funzionale e organica. Inoltre, la valutazione della calprotectina fecale ha dimostrato uno scarso valore nell’allergia alle proteine del latte vaccino, nella malattia celiaca e nella fibrosi cistica. Infine, la calprotectina fecale non aiuta a distinguere la gastroenterite acuta batterica da quella virale, né a diagnosticare l’infezione da Helicobacter Pylori, la proliferazione batterica intestinale, l’appendicite acuta o i polipi intestinali. Infine, il position paper sottolinea che i limiti principali per l’utilizzo della calprotectina fecale nella pratica clinica sono principalmente dovuti alla variabilità nella metodologia di estrazione, alle diverse prestazioni dei kit disponibili per il test e alla necessità di stabilire intervalli di riferimento locali, a causa dell’influenza di fattori individuali, quali età, dieta, microbiota intestinale e farmaci.