Le osteomieliti: infezioni da non sottovalutare

Consensus italiana sulla gestione terapeutica dell’osteomielite acuta ematogena non complicata in età pediatrica

di Andrzej Krzysztofiak, Tesoriere SITIP

Articolo pubblicato su Pediatria – numero 3 – marzo 2021 – pag. 30

Le osteomieliti, ovvero le infezioni dell’osso e della relativa cavità midollare, sono in un costante aumento, soprattutto tra i ragazzi in età prepuberale presumibilmente a causa di attività fisica intensa e microtraumi, e rappresentano una significativa causa di morbilità nei bambini in tutto il mondo. Le osteomieliti sono associate a elevati costi sociali a causa delle difficoltà diagnostiche, tempi lunghi di degenza e terapie antibiotiche spesso prolungate e non appropriate. La diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato sono fondamentali per minimizzare il rischio di sequele. L’infezione può localizzarsi in qualsiasi segmento osseo, anche se di solito è più frequente nelle ossa lunghe, rimanere localizzato nell’osso o coinvolgere i tessuti circostanti. Di conseguenza, la sintomatologia può essere molto variabile. Vista la complessità di tale infezione, vi è la necessità di seguire i pazienti sia nella fase acuta che nel follow-up da un gruppo multidisciplinare che comprenda pediatri, infettivologi, ortopedici e radiologi. È stata di recente redatta, da un panel multidisciplinare di quaranta esperti, una Consensus italiana SITIP-SIP, sulla gestione delle osteomieliti acute ematogene in età pediatrica, in particolare sull’appropriatezza della terapia antibiotica empirica. Infatti, è di fondamentale importanza iniziare una terapia empirica il prima possibile, subito dopo aver raccolto i campioni biologici. Tuttavia, sono pochi gli studi evidence-based riguardanti la via e la durata del trattamento antibiotico per osteomieliti acute. Ancora pochi dati che indichino quando cambiare dalla terapia endovenosa a quella orale. La variabilità del decorso clinico delle osteomieliti acute nei bambini rende difficile dare raccomandazioni terapeutiche standardizzate. Il gruppo di esperti, dopo revisione sistematica della letteratura relativa al periodo 2009-2020, ha discusso e definito:

^ tipo di molecola per la terapia antibiotica empirica endovenosa;

^ durata della terapia endovenosa;

^ fattori che influenzano lo switch dalla terapia endovenosa alla terapia per via orale;

^ durata della terapia orale;

^ durata totale della terapia.

Alcune raccomandazioni del panel di esperti

^ L’utilizzo empirico iniziale di una penicillina o di una cefalosporina di prima o seconda generazione endovenosa.

^ Il passaggio, in caso di fallimento terapeutico, ad una terapia antibiotica di seconda linea, utilizzando una cefalosporina di terza generazione o una penicillina anti-MRSA.

^ La possibilità, nelle forme che non presentino segni di complicanze, di effettuare dopo circa 7 giorni di terapia endovenosa switch a terapia per bocca.

^ Nello switch dalla terapia endovenosa a terapia per bocca, prediligere l’utilizzo come prima scelta di amoxicillina-acido clavulanico eventualmente associata alla rifampicina.

^ Il monitoraggio dei segni clinici e degli indici di flogosi dopo 48-72 ore dall’inizio della terapia endovenosa.

^ La possibilità di valorizzare il ruolo terapeutico di rifampicina e trimethoprim-sulfametossazolo.

^ La cautela nell’uso della clindamicina per la alta percentuale di resistenza in Italia (>25%).

^ La necessità di impostare un programma di stretto follow-up clinico, laboratoristico e strumentale durante la somministrazione della terapia orale e nelle settimane successive alla completa sospensione della terapia possibilmente avvalendosi di un team multidisciplinare.

^ È raccomandata l’identificazione della Kingella kingae, nella fascia d’età 3 mesi-5 anni. La Consensus sarà disponibile sul sito della SITIP e della SIP, nell’area riservata soci.

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