Fibrosi cistica, Leonardi: “Gli antichi romani la chiamavano ‘malattia del bacio salato’. Oggi viene trattata con i modulatori della proteina CFTR”

Sino a ottanta anni fa si moriva subito dopo diagnosi. “Oggi oltre il 50% dei bambini nati dal 2015 in poi, anno in cui sono stati usati per la prima volta i nuovi farmaci, potrebbe sopravvivere oltre i 50 anni”

La fibrosi cistica è “una malattia antica quanto l’uomo: già oltre duemila anni fa, infatti, gli antichi romani la definivano la malattia del bacio salato e la associavano ad alti tassi di mortalità”. I progressi della ricerca “hanno permesso di portare importanti novità nell’ambito delle terapie con nuovi farmaci etichettati come modulatori della proteina CFTR. Questi farmaci rappresentano il nuovo baluardo per il trattamento della fibrosi cistica”. Lo spiega Salvatore Leonardi, professore associato di Pediatria presso l’Università degli studi di Catania e Consigliere della Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI), in occasione del XXV Congresso nazionale della società scientifica, in corso a Verona fino al 26 ottobre.

“La fibrosi cistica è la malattia genetica più frequente nella razza caucasica, secondo i dati del Registro Italiano Fibrosi Cistica i pazienti attualmente affetti dalla malattia sono 6.000 di cui oltre la metà ha più di 18 anni. Di certo l’aspettativa di vita oggi è cambiata grazie alle novità della ricerca che ne hanno mutato in parte la storia naturale. Non siamo ancora arrivati alla risoluzione ma- sottolinea Leonardi – sono stati fatti grossi passi avanti”.

LE TRE TAPPE DELLA RICERCA SULLA FIBROSI CISTICA

Lo specialista ripercorre brevemente la storia delle scoperte sulla fibrosi cistica che hanno cambiato la qualità della vita di chi ne è affetto e il panorama dei trattamenti. “La prima tappa risale al 1938- spiega- ed è stata l’identificazione, da parte della ricercatrice statunitense Dorothy Andersen, del fenotipo clinico associato a una trasmissibilità ereditaria. La seconda tappa è datata 1952 ed è stata la scoperta dell’anomalia nella concentrazione di ioni di sodio e cloro nel sudore da parte del Professor Di Sant’Agnese che ha permesso di mettere a punto il test del sudore per la diagnosi di malattia. La terza tappa risale al 1989, quando presso il Children Hospital di Toronto è stato identificato il gene responsabile dell’anomalia della proteina CFTR che regola gli scambi degli ioni di sodio e cloro a livello degli epiteli ghiandolari. Quest’ultima scoperta- sottolinea Leonardi- ha cambiato l’immagine della malattia, con uno spettro clinico più eterogeneo e la cui gravità dipende, in parte, dalle mutazioni genetiche”.

I TRATTAMENTI DELLA FIBROSI CISTICA TRA PASSATO E PRESENTE

Proprio l’identificazione del gene responsabile della malattia ha portato alla formulazione dei farmaci cosiddetti modulatori della proteina CFTR. “Fino a ieri- ricorda lo specialista- avevamo dei farmaci dedicati alla cura dei sintomi della fibrosi cistica: gli antibiotici, i fluidificanti, gli antinfiammatori e gli enzimi pancreatici. Tutti farmaci che fino a qualche tempo fa rappresentavano i capisaldi del trattamento e hanno permesso di migliorare le aspettative di vita dei pazienti. L’arrivo dei nuovi farmaci ha però consentito di affermare che i bambini nati dal 2015 in poi, anno in cui è stato usato per la prima volta un modulatore della proteina CFTR, hanno una aspettativa di vita di gran lunga superiore al passato: oltre il 50% di questi pazienti, infatti, potrebbe sopravvivere oltre i 50 anni. Un risultato inaspettato se immaginiamo che quando è stato scoperto il fenotipo clinico, 83 anni fa, i bambini morivano praticamente poco dopo la diagnosi della malattia”.

Il momento della scoperta del gene e quello della tipizzazione delle classi di mutazione della proteina CFTR sono stati dunque determinanti perché, aggiunge il consigliere SIMRI, “si è capito che la fibrosi cistica è una malattia eterogenea, perché alcune mutazioni hanno un’espressività clinica più grave e si associano a un difetto di sintesi e di funzione della proteina CFTR quasi totale, mentre in altre forme c’è una funzionalità residua. Proprio su queste differenze si è concentra la ricerca più recente”.

“Credo che l’impegno della ricerca sia oggi lungimirante- commenta Leonardi- perché è stata trovata una chiave di lettura a una malattia nota da millenni, con la possibilità di terapie quasi personalizzate. La speranza è che si arrivi a una risoluzione della malattia con la terapia genica. Nel frattempo- conclude- grazie ai grandi passi avanti fatti dalla ricerca, i nuovi pazienti affetti da fibrosi cistica hanno e un’aspettativa di sopravvivenza notevolmente aumentata, associata a una migliore qualità di vita”.