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“Effetto spostamento” ed “effetto onda” amplificano i numeri del disagio psichico
Intervista ad Antonella Costantino
di Cinthia Caruso, Direttrice di Pediatria
Articolo pubblicato su Pediatria – numero 9 –settembre 2021 – pag. 12
Antonella Costantino, Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), non è sorpresa dai dati che emergono dal monitoraggio condotto dalla Società Italiana di Pediatria sugli accessi neuropsichiatrici nei PS durante il Covid-19 e offre alcune chiavi di lettura per andare oltre i dati. “I numeri emersi sull’impennata degli accessi nei PS rappresentano l’effetto congiunto di vari fattori”, spiega a “Pediatria”. Quali in particolare? Il primo è l’“effetto spostamento”. Durante la pandemia una serie di presidi sono diventati “Covid” e quindi gli accessi per disturbi neuropsichiatrici si sono concentrati in presidi noncovid che inevitabilmente ne hanno risentito in termini numerici. Il secondo fattore è l’“effetto onda”: quando c’è uno tsunami non aumenta la quantità di acqua, ma questa si ritira e poi arriva tutta insieme. Durante i primi mesi della pandemia per una serie di motivi (paura del contagio in primis) alcune situazioni non sono proprio arrivate in ospedale. Ora invece stanno arrivando tutte insieme. In Lombardia, ad esempio, durante il 2020 abbiamo registrato 1000 ricoveri psichiatrici in meno su un totale di circa 3200 ricoveri psichiatrici del 2019, e non è che si tratta di ragazzini guariti, ma di casi che stanno arrivando solo ora, e peggiorati. Il terzo fattore è il “trend”. Sono 10 anni che osserviamo un aumento tra il 5 e il 10% l’anno di accessi per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva, un aumento continuo e costante che già c’era e che ora si somma all’effetto Covid-19. E poi, quarto fattore, c’è l’effetto Covid-19 vero e proprio, quindi l’aumento reale dei disturbi. La pandemia ha infatti esacerbato le differenze penalizzando in modo particolare coloro che erano già in una situazione di fragilità prima del Covid, ossia chi è socio-economicamente più vulnerabile, chi ha avuto lutti o ammalati in famiglia senza un accompagnamento adeguato o non ha avuto modo di seguire la DAD, o già aveva una scuola poco funzionante, ecc.
Ma ora come rispondere a questa “ondata” complessiva di casi?
Bisogna rafforzare i servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. C’è una sproporzione storica drammatica tra la possibilità di risposta e i bisogni, aggravata in alcune regioni dall’avere considerato i servizi di NPIA come servizi territoriali non essenziali durante la pandemia, lasciandoli chiusi per molto tempo. In Lombardia sono stati considerati servizi sanitari essenziali e non hanno mai chiuso, lavorando tra telemedicina e presenza, ma in altre regioni non è stato così.
La SINPIA cosa ha chiesto al Governo nello specifico e cosa ha ottenuto?
Noi abbiamo chiesto di avere un potenziamento dei servizi trasversale, a partire dai posti di specializzazione in NPI, perché rischiavamo di avere il personale dimezzato nei prossimi tre anni, in quanto i neo specialisti sarebbero stati molti meno degli specialisti che sarebbero andati in pensione. Per fortuna su questo abbiamo avuto risposta, le borse per gli specializzandi sono state triplicate, quindi nel giro di un paio di anni dovremmo vedere gli effetti di questa misura grazie alla quale non corriamo più il rischio di dover chiudere i servizi per mancanza di personale come accade per i reparti di psichiatria degli adulti. Sulle altre nostre richieste, come ad esempio aumentare il personale, non solo medico, per rafforzare soprattutto le strutture territoriali e diurne, le risposte non ci sono state. I 20 milioni di euro stanziati dal Governo per i servizi di NPI sono una goccia nel mare. Noi chiedevano un potenziamento di 150 posti letto rispetto ai 394 sulla carta che includono l’area neurologica e psichiatrica. Queste sono le priorità, poi certo è importante rafforzare la prevenzione che consta di molti aspetti, la scuola, la lotta alla povertà, il contrasto alle condizioni di disagio. Però a chi sta già male bisogna garantire risposte.
Con la ripresa delle scuole in presenza e delle attività sociali il quadro sta migliorando?
In realtà no, i ragazzini che stanno molto male arrivano in numero esorbitante. In aggiunta agli altri fattori di vulnerabilità già citati, essi subiscono molto la pressione dovuta all’ansia da prestazione, in particolare a fronte di docenti preoccupati solo del programma, di non venire imbrogliati, e più in generale di adulti che non si pongono il problema di come stanno emotivamente i ragazzi e di che esperienze più o meno faticose hanno vissuto durante l’epidemia.