Persone LGBT, superare le barriere nelle cure

Quando la diversità di genere non viene considerata e rischia di minare la salute di specifiche categorie di persone

Articolo pubblicato su Pediatria–numero 10-11–ottobre-novembre 2021 – pag. 12

Il sesso biologico e l’identità di genere sono fonti di diversità che spesso non vengono considerate negli studi clinici utili per i servizi di prevenzione e a cui si rifanno le raccomandazioni, con conseguenti difficoltà nella valutazione delle prove e nella comunicazione delle raccomandazioni per persone appartenenti a specifiche categorie di identità di genere (uomo/donna/genere non binario/ genere non conforme/transgender)”. È la premessa che motiva uno studio pubblicato il 25 ottobre scorso dal “JAMA Network Open” a firma della US Preventive Services Task Force (USPSTF). Uno studio che vuole fornire anche un metodo per tenere conto, appunto, di sesso e genere nelle raccomandazioni, in accordo d’altronde con la mission della USPSTF: formulare raccomandazioni evidence based per popolazioni specifiche prestando particolare attenzione a quei gruppi che rischiano di essere sottorappresentati, scarsamente serviti, o bersaglio di razzismo o discriminazione. E le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) rientrano certamente in quei gruppi a rischio di discriminazione.

“Stiamo parlando di circa 1 su 250 soggetti che, negli Stati Uniti, si identificano come appartenenti a genere non conforme, come emerso dalla sintesi dei dati di 12 survey che hanno coinvolto 1.232.667 partecipanti”.

“Sebbene i dati siano limitati, persone transgender, di genere non conforme, e di genere non binario riferiscono di ostacoli all’assistenza sanitaria, incluse esperienze negative nei setting di cura” – scrivono gli autori dello studio – “e dichiarano inoltre di aver evitato di ricorrere all’assistenza sanitaria per la preoccupazione di essere maltrattati”. Senza contare, ci dice ancora il ‘JAMA’ che “rispetto ai giovani ‘non lesbici, gay o bisessuali’, coloro che si identificano come lesbiche, gay o bisessuali risultano avere il 71% in meno di probabilità di ricevere le cure mediche necessarie”.

Si tratta di questioni di fondamentale importanza, come l’eguale accessibilità alle cure per tutti e il superamento delle barriere che la impediscono. In questo senso, obiettivo del documento pubblicato sul ‘JAMA’, secondo gli stessi autori, è descrivere i metodi che la Task Force utilizza per identificare quelle raccomandazioni che hanno al loro interno elementi legati a sesso e genere, chiarire a quali popolazioni sono rivolte, e inoltre presentare l’approccio proposto per giungere alla formulazione di raccomandazioni rispettose della diversità di genere.