Epatite nei bambini, Indolfi: “Siamo a un livello di attenzione medica, non di emergenza”

“Al momento in Europa e in Italia c’è una situazione di assoluta tranquillità”

“In questo momento siamo a un livello di ‘attenzione medica’ che non significa emergenza”. Sgombra subito il campo da possibili allarmismi Giuseppe Indolfi, epatologo del Meyer, professore associato di Pediatria all’Università di Firenze e membro del Gruppo di lavoro sulle epatiti della Società Italiana di Pediatria che si è appena costituito, nell’affrontare il tema dell’epatite acuta di origine sconosciuta di cui si sta parlando nelle ultime settimane.

“Tutto è nato all’inizio di aprile quando all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è arrivata la notifica di circa 10 casi di bambini scozzesi che avevano presentato un’epatite acuta a eziopatogenesi ignota, quindi senza che fosse stato possibile identificare una causa evidente, e con particolari caratteristiche di gravità- spiega Indolfi- Da quel momento in poi si sono susseguite segnalazioni in Inghilterra, ad oggi siamo circa a 120 casi, ed è aumentata molto l’attenzione anche a livello italiano ed europeo”. Ma “se i numeri inglesi sembrano chiaramente orientare verso un aumento dell’incidenza di questa patologia, che per noi epatologi è nota- precisa l’esperto-in Europa e in Italia siamo in una situazione di assoluta tranquillità”.

Indolfi, che è anche consulente dell’OMS per le epatiti virali e al momento è responsabile dell’area fegato della Società europea di gastroenterologia, spiega che in questo momento “si sta monitorando con attenzione, dal punto di vista medico, l’andamento dei casi per capire se quelli che osserviamo siano superiori all’atteso rispetto agli anni precedenti”. Oggi “è attivo un sistema di monitoraggio che riguarda tutti i pazienti che si sono presentati negli ospedali pediatrici italiani con le caratteristiche dell’epatite acuta grave, con transaminasi superiore a 500 IU/L, a partire da ottobre 2021- continua l’esperto- è chiaro che in questo momento abbiamo un’immagine di quello che è successo nell’ultimo mese, non abbiamo ancora i dati retrospettivi ma l’impressione generale, guardando questi numeri, è che non ci sia in Italia una situazione d’emergenza”.

Il consulente dell’OMS precisa che “non dobbiamo soffermarci tanto sul numero dei pazienti, perché casi di epatite di origine sconosciuta ne abbiamo avuti anche negli anni precedenti, ma da oggi in poi, grazie al sistema di monitoraggio messo in atto, dobbiamo cercare di capire se ne avremo o ne abbiamo già avuto un numero maggiore”.

Per quanto riguarda i sintomi della patologia, oltre a quelli aspecifici come dolore addominale, diarrea e vomito, Indolfi spiega che “dal punto di vista clinico non ci sono campanelli d’allarme particolari, l’unico segno specifico per un’epatite acuta colestatica grave è la comparsa dell’ittero, un elemento clinico ben riconoscibile, ossia la colorazione gialla della cute e delle mucose”.

Nonostante le rassicurazioni degli esperti è probabile che oggi, davanti a sintomi gastrointestinali, i genitori tendano a preoccuparsi di più rispetto a quanto sarebbe successo qualche settimana fa. Ma Indolfi spiega che “l’atteggiamento non deve cambiare in alcun modo, i sintomi aspecifici- dice- devono essere interpretati in funzione dell’entità e dell’intensità, sarà compito del pediatra capire e decidere per il singolo paziente se è necessario fare degli accertamenti di secondo livello. Dal punto di vista clinico se dovesse comparire ittero è chiaro che il paziente dovrà essere sottoposto a un prelievo di sangue, che è quello che serve per mettere l’etichetta sulla diagnosi di epatite, qualora invece non ci fosse questo elemento clinico sarà il medico che valuterà il paziente e deciderà se sottoporre o no il bambino a degli esami”.

In questo momento “la situazione è molto fluida anche nella presentazione clinica dell’epatite. La maggior parte delle epatiti, e non è una novità- precisa l’esperto- è completamente asintomatica. Quello a cui stiamo guardando ora è l’eventuale aumento di incidenza delle epatiti gravi in cui, guardando alla coorte inglese, l’ittero è uno degli elementi caratterizzanti. Ma sebbene siamo dispiaciuti che in Inghilterra ci sia stato questo aumento dell’incidenza di epatiti gravi colestatiche, quello che succede lì ci aiuta molto nella diagnosi differenziale. I sintomi aspecifici, infatti, possono essere benissimo riconducibili a un’infezione gastro-intestinale invece la comparsa di ittero associata o meno a sintomi aspecifici come il dolore addominale, il vomito, la diarrea, devono orientare verso la necessità di effettuare ulteriori accertamenti”.

Indolfi ci tiene a rassicurare: “In questo momento possiamo tranquillizzare sul fatto che è un’epatite che conosciamo e che nella maggior parte dei casi è auto limitante il che significa che si dà una terapia di supporto che poco ha a che vedere con la genesi e con l’eziopatogenesi della malattia”. In sostanza “se il bambino ha la febbre gli si danno gli antiepiretici, se non riesce a mangiare gli si danno delle soluzioni idro elettrolitiche che gli permettono di avere sali minerali e zuccheri, se dovesse esserci una sovra infezione di qualsiasi tipo siamo pronti a curarla. Questa- dice l’epatologo- è la terapia di supporto che non fa altro che accompagnare il paziente nel processo di guarigione spontanea. Poi, qualora si dovessero presentare dei casi più gravi, non conoscendo la causa vera di queste forme di epatite non possiamo ipotizzare nessun trattamento specifico ma comunque sappiamo gestire questi pazienti fino anche a essere drastici nella messa in lista per il trapianto di fegato nel caso in cui l’organo smettesse di funzionare in maniera del tutto irreversibile”.

Ad oggi conclude l’esperto “non c’è nessuna emergenza e qualora ci fosse una necessità clinica il mondo medico risponderà in modo adeguato ricorrendo a quello che è necessario per lo specifico bambino, nello specifico momento, sulla base della presentazione che avrà”.