Linfoadenopatie, Resti: “Nel 90% dei casi causate da infezioni ma possono anche essere spia di una disregolazione immunitaria”

Focus sul tema al 77° Congresso Italiano di Pediatria

Non soltanto infezioni o patologie tumorali, le linfoadenopatie possono anche essere espressione di una disregolazione immunitaria. “Sono situazioni che in passato non conoscevamo ma che negli ultimi anni abbiamo cominciato ad attenzionare”, spiega Massimo Resti, Direttore SOD Pediatria Medica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria ‘Meyer’. Si tratta di linfoadenopatie “più difficili da identificare e che per molto tempo sono state misconosciute perché non si accompagnano a infezioni importanti ma, appunto, a una disregolazione. Questo vuol dire- continua il medico- che alcuni linfociti proliferano ma non arrivano mai a maturazione completa e allora c’è un ingrossamento di più ghiandole, è una situazione che rientra nell’ambito delle immunodeficienze”. Un capitolo recente in tema di linfoadenopatie che Resti approfondirà nel corso del 77° Congresso Italiano di Pediatria in programma a Sorrento dal 18 al 21 maggio.

“Ogni linfonodo- spiega Resti- è accompagnato da un quadro clinico che aiuta il medico a orientarsi verso la diagnosi, ossia a capire, anche attraverso esami specifici, se quella ghiandola ingrossata possa essere espressione di un’infezione, di una malattia neoplastica o di una disregolazione immunitaria”.

Di certo le linfoadenopatie “sono un’evenienza costante nella vita del pediatra- precisa il medico- e nel 90% dei casi la causa principale sono le infezioni. Nel sistema linfatico, infatti, a differenza degli altri sistemi, il picco di sviluppo si ha in età pediatrica ed è per questo che frequentemente si possono trovare bambini con delle ghiandole ingrossate che però non hanno alcun significato clinico”.
C’è un 10% di casi, però, in cui è necessario fare degli approfondimenti. “Età del bambino, sede del linfonodo e dimensioni sono elementi importanti per valutare la necessità di fare o meno degli accertamenti- precisa il pediatra- un neonato, per esempio, non ha linfonodi, quindi se ne trovo è sempre un segno patologico, indipendentemente da dove si trovano o da quanto sono grandi”.

A livello generale “si considera patologico un linfonodo superiore ai 2 cm- spiega Resti- ma se si trova in punti particolari come la parte estensoria del gomito o la sede sovraclaveare, allora va attenzionato anche un linfonodo di mezzo centimetro. Poi ci sono da considerare le caratteristiche, ossia se ci si trova davanti a un linfonodo duro, teso, è un elemento da prendere fortemente in considerazione”. In questi casi “è importante fare degli esami di accompagnamento che aiutano il medico a modulare i successivi accertamenti- dice il pediatra- è fondamentale innanzitutto un’ecografia perché permette di valutare la vascolarizzazione e la conformazione del linfonodo. Ad esempio se non ha più una forma allungata ma rotonda è quasi sempre fortemente patologico e di ipotesi diagnostica grave. L’alterazione della vascolarizzazione, poi, non più a partenza ilare ma diffusa, è un altro elemento negativo nell’ipotesi che la linfoadenopatia sia riconducibile a una situazione tumorale”.

Fare i giusti e tempestivi accertamenti è importante anche perché “un’infezione a volte può mimare e entrare in diagnosi differenziale con una forma tumorale”, spiega ancora Resti. E allora qui gioca un ruolo anche la terapia. “Dare un antibiotico nel caso in cui ci si trovi davanti a un’infezione batterica non maschera l’eventuale presenza di una malattia tumorale- precisa il medico- ma può essere ex adiuvantibus, ossia il non vedere tornare indietro un linfonodo in cui l’ipotesi è tra una forma batterica e una tumorale può essere un elemento che aiuta a capire la diagnosi. Quello che maschera, invece, è l’uso del cortisone che a volte si dà in maniera superficiale per aiutare la risoluzione del linfonodo. Questo tipo di terapia potrebbe far tornare indietro anche un linfonodo tumorale, ma per creare una situazione in cui poi, a distanza di qualche settimana, ci si ritrova con una diagnosi molto più aggressiva. Dunque meglio prima accertare e poi intervenire”, conclude il pediatra.

A questo link tutte le informazioni sul Congresso: https://sip.it/2021/10/20/77-congresso-italiano-di-pediatria/

A questo link tutte le interviste e gli articoli di approfondimento: https://sip.it/2022/04/06/verso-il-77-congresso-italiano-di-pediatria/