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La displasia broncopolmonare, vero e falso
In collaborazione con SIMRI
di Amelia Licari e Giulia Roberto
La displasia broncopolmonare (BPD) rappresenta la principale sequela respiratoria cronica dei neonati pretermine e viene clinicamente definita dalla persistenza di ossigenoterapia oltre il 28° giorno di vita. Fattori di rischio antenatali, perinatali e postnatali si combinano su un substrato genetico. Il danno polmonare iniziato in epoca neonatale prosegue, determinando un rimodellamento del distretto alveolo-vascolare e delle vie aeree. Scarse risultano ad oggi le evidenze in termini di terapie preventive, curative e conseguenze a lungo termine. Un monitoraggio nel tempo di tipo multidisciplinare permette di valutare la funzionalità respiratoria e la funzione cardiovascolare, ma anche la crescita, lo sviluppo neuro-motorio e psico-comportamentale. Tale approccio rappresenta il cardine per poter garantire una qualità di vita adeguata di fronte ad una patologia con ancora numerosi punti di domanda.
La prevalenza della displasia broncopolmonare è in aumento
VERO
L’aumento della prevalenza della BPD riflette la maggior sopravvivenza dei nati pretermine. Dati americani riportano che 50.000 nati prima della 28° settimana sviluppino la displasia broncopolmonare nel 35% dei casi (18.000). L’incidenza della BPD è inversamente proporzionale all’età gestazionale alla nascita. Uno studio multicentrico condotto su 9575 neonati estremamente pretermine evidenzia un’incidenza di BPD durante il ricovero dell’85% a 22 settimane di età gestazionale, con una graduale riduzione all’aumento dell’età gestazionale, fino al 23% a 28 settimane.
La displasia broncopolmonare è dovuta unicamente ad un arresto dello sviluppo polmonare conseguente alla nascita prematura
FALSO
I fattori di rischio principali per la BPD sono la prematurità e il basso peso alla nascita. Altri fattori di rischio in epoca pre e perinatale da considerare sono l’arresto di crescita intrauterino, il sesso maschile, la corioamnionite, la preeclampsia, l’etnia caucasica e l’esposizione al fumo in gravidanza. È stata ipotizzata anche una base genetica che possa influenzare lo sviluppo della BPD. Il National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) Neonatal Research Network ha progettato un calcolatore online per stimare il rischio di BPD in base all’età corretta (https://neonatal.rti.org/index.cfm).
La definizione di displasia broncopolmonare è andata incontro a numerose modifiche negli ultimi 50 anni
VERO
Attualmente la definizione del NICHD identifica sei categorie in base al grado di severità e all’età post-mestruale. L’evoluzione della definizione si riflette nel fenotipo istologico: nella vecchia BPD prevaleva un quadro caratterizzato dalla formazione di membrane ialine post-traumatica (ventilazione meccanica, ossigenoterapia), mentre nella nuova BPD si assiste ad arresto globale dello sviluppo alveolare e delle vie aree ad uno stadio evolutivo precoce (stadio sacculare).
I neonati con displasia broncopolmonare dimessi con ossigenoterapia domiciliare hanno alti fabbisogni d’ossigeno.
FALSO
Circa un quarto dei neonati estremamente pretermine è dimesso con ossigenoterapia domiciliare a basso flusso, in particolare se valori di SpO2 ≤92%; valori più alti (SpO2 tra 93% e 96%) sono da considerare in caso di BPD associata ad inadeguata crescita ponderale oppure ad ipertensione polmonare. Tra i criteri di sospensione ricordiamo la stabilità respiratoria, un adeguata crescita staturo-ponderale, SpO2 stabilmente ≥92% in aria ambiente e la risoluzione di una eventuale ipertensione polmonare.
I corticosteroidi non possono prevenire lo sviluppo della displasia broncopolmonare
VERO
In virtù della loro potente azione antinfiammatoria, i corticosteroidi sono stati ampiamente utilizzati nelle prime settimane dopo la nascita con lo scopo di prevenire e trattare la BPD. Ad oggi manca un consenso sul tipo, la dose, i tempi e la via di somministrazione di corticosteroide in epoca postnatale. Una recente metanalisi suggerisce l’utilizzo di idrocortisone a basse dosi per aumentare la sopravvivenza dei neonati “very preterm” senza BPD
Tra i sintomi respiratori più comuni è riportato il respiro “sibilante”, che rappresenta un’indicazione all’utilizzo dei corticosteroidi inalatori
FALSO
Come riportato dalla Task Force dell’European Respiratory Society 2020, i bambini con BPD non dovrebbero essere trattati con corticosteroidi per via inalatoria o sistemici. In caso però di BPD grave, sintomi respiratori severi, ospedalizzazioni frequenti, è possibile somministrare i corticosteroidi purché gli effetti del trattamento siano attentamente monitorati durante un periodo di prova. Sono necessari ulteriori studi per esaminare l’uso di corticosteroidi nei bambini con BPD.
È fondamentale un follow-up a lungo termine per il monitoraggio clinico e della funzionalità polmonare nei bambini con displasia broncopolmonare
VERO
Anomalie strutturali e della funzionalità polmonare persistono durante l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta. Inoltre, questa categoria di pazienti è a maggiore rischio di disfunzioni cardiache e di ipertensione polmonare. I fattori coinvolti nella disfunzione polmonare cronica nei bambini con BPD includono un incremento non sincrono della dimensione polmonare e del calibro delle vie aeree con conseguente ostruzione del flusso aereo, infiammazione cronica delle vie aeree, intrappolamento dell’aria ed enfisema. Si ritiene che tale gruppo di pazienti sia a maggior rischio di BPCO a esordio precoce.
Non vi è indicazione ad effettuare nei bambini con displasia broncopolmonare indagini strumentali
FALSO
Come indicato nella Task Force ERS, l’imaging polmonare (HRCT torace, MRI) può essere utile per monitorare sottogruppi di pazienti con BPD, ad esempio in caso di BPD severa, sintomatologia respiratoria grave, frequenti ospedalizzazioni. Sono necessari ulteriori studi per esaminare il valore predittivo dell’imaging polmonare sugli esiti a lungo termine in bambini con BPD