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Vaiolo delle scimmie, il punto della SIP
A cura del Tavolo Tecnico Malattie Infettive e Vaccinazioni
Perché l’OMS ha dichiarato che il vaiolo delle scimmie è un’emergenza sanitaria globale?
Il 24 luglio scorso, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che la diffusione del virus del vaiolo delle scimmie è un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale (Pheic). L’OMS ha valutato il rischio posto per la salute pubblica da Monkeypox nella regione europea come alto, ma a livello globale come moderato. Quest’anno, ci sono stati più di 16.000 casi confermati di vaiolo delle scimmie in più di 75 paesi. Il numero reale è probabilmente più alto, in quanto nella Repubblica Democratica del Congo sono stati sospettati diverse migliaia di casi ma le strutture per i test sono limitate. Circa 81 bambini di età inferiore ai 17 anni sono stati segnalati come infetti in tutto il mondo, con la maggior parte dei casi tra i giovani uomini, con età media di 37 anni. Al momento l’epidemia è ancora concentrata in gruppi di uomini che hanno rapporti sessuali con uomini in alcuni paesi, ma non è così ovunque. È davvero importante comprendere anche che lo stigma e la discriminazione possono essere molto dannosi e pericolosi come qualsiasi virus stesso.
Come si trasmette?
L’Orthopoxvirus, responsabile del vaiolo delle scimmie, può essere trasmesso dagli animali all’uomo attraverso morsi o graffi, contatto diretto con fluidi corporei o secrezioni delle lesioni o tramite materiale contaminato. La trasmissione da uomo a uomo può avvenire tramite le goccioline respiratorie, il contatto con le lesioni o con liquidi corporei di persone infette. In quest’ottica è considerato possibile che la trasmissione possa avvenire anche per via sessuale. I casi attualmente segnalati si sono solo in parte verificate in persone provenienti da regioni africane ove la malattia è epidemica, favorendo l’ipotesi che molti di questi casi si siano verificati per trasmissione diretta da uomo a uomo.
Quali sono i sintomi?
I sintomi sono assai simili a quelli del classico vaiolo, anche se decisamente meno gravi. Dopo una incubazione di 6-16 giorni compaiono febbre, cefalea, dolori muscolari, linfonodi ingrossati, brividi e spossatezza. Dopo poco si sviluppa un’eruzione cutanea con vescicole o pustole con un simile grado di evoluzione, analoghe a quelle del vaiolo, a partenza dal volto e successiva evoluzione ad altre parti del corpo, inclusi il palmo delle mani e la pianta dei piedi oltre che i genitali. La malattia ha generalmente un decorso blando. La maggior parte delle persone contagiate si ristabilisce in poche settimane. Gli immunodepressi, i bambini e i giovani adulti sembrano avere un maggior rischio di decorso grave della malattia.
Come si fa la diagnosi?
Sulla base dei sintomi e con la ricerca mediante metodiche di biologia molecolare del DNA del virus nel materiale presente nelle lesioni cutanee.
Si tratta dello stesso virus del vaiolo che già conosciamo?
Si tratta di un virus diverso da quello del vaiolo umano, sia pure con caratteristiche antigeniche assai simili e con alcune componenti comuni. Entrambi sono inclusi nella famiglia Orthopoxviridae che comprende 12 specie. Di queste 4, quella del vaiolo delle scimmie, quello del vaiolo bovino, quello del vaiolo umano e quello del vaccino contro il vaiolo possono infettare l’uomo.
E’ un virus mutato?
Non è un virus mutato ma un virus con proprie caratteristiche genetiche anche se per molti versi assai simile a quelle del virus del vaiolo umano. Sono entrambi virus a DNA a doppio filamento ma il confronto tra i genomi dei due virus ha evidenziato differenze nei geni che codificano per proteine coinvolte nei meccanismi immunitari e per i fattori di virulenza, il che spiegherebbe la minore gravità del vaiolo delle scimmie rispetto al vaiolo umano. In particolare, almeno il 4% dei nucleotidi nella parte centrale del filamento sono diversi, con differenze che aumentano nelle porzioni più periferiche.
Chi è stato vaccinato contro il vaiolo è protetto?
La similitudine strutturale tra il monkeypox virus e quello del vaiolo umano fa pensare che coloro che sono stati a suo tempo vaccinati contro quest’ultimo possano avere una immunità sufficiente a prevenire o ad attenuare lo sviluppo del vaiolo delle scimmie. Il fatto che solo ora dopo circa 40 anni dall’abolizione della vaccinazione contro il vaiolo umano comincino ad essere segnalati casi relativamente frequenti di vaiolo delle scimmie in soggetti non vaccinati contro il vaiolo umano sembra confermare questa supposizione.
Tutti coloro che non sono stati vaccinati contro il vaiolo dovrebbero esserlo?
Il vaccino antivaiolo usato fino a circa 40 anni fa, prima che la eradicazione della malattia ne rendesse ingiustificata la somministrazione, era un vaccino a base di virus vivo attenuato non privo di potenziali problemi. Il virus poteva essere trasmesso dal vaccinato ai suoi contatti stretti non vaccinati. Inoltre, la vaccinazione poteva causare reazioni avverse quali eruzioni cutanee, febbre e mal di testa. Negli immunodepressi, le complicanze potevano essere molto gravi e portare, sia pure solo in 1 caso su 1 milione di vaccinati, a morte. Considerati i rischi connessi con il vaiolo delle scimmie e l’attuale epidemiologia della malattia, la vaccinazione di massa non è richiesta, ma l’OMS ha raccomandato la vaccinazione post-esposizione. La condivisione del vaccino dovrebbe essere effettuata in base alle esigenze di salute pubblica, paese per paese e località per località.
I bambini e il vaiolo delle scimmie
Il vaiolo poteva essere molto grave nei bambini soggetti di età pediatrica e questo spiega perché la vaccinazione, peraltro molto efficace anche se non priva di qualche rischio, è stata introdotta tra quelle da effettuarsi nella prima età pediatrica. Dati molto indicativi dei rischi connessi con il vaiolo possono essere tratti da quanto noto circa la mortalità dovuta a questa malattia durante la pandemia del 1870-1875. In quel periodo, il vaiolo ha avuto un impatto strettamente connesso con il livello di copertura vaccinale della popolazione. In Europa, dove la gran parte dei piccoli non era vaccinata, la mortalità per il vaiolo dei soggetti di età <1 anno ha rappresentato il 15%-30% del totale. Valori di mortalità molto alti si sono registrati anche nei soggetti di 1-5 anni, ma solo nelle aree geografiche ove la vaccinazione di questi soggetti non era obbligatoria. Nei casi descritti in Africa, il vaiolo delle scimmie sembra avere rilievo clinico maggiore nei bambini più piccoli anche se la mortalità sembra estremamente bassa. Il rischio di trasmissione nei bambini sembra, tuttavia, inferiore, specie se viene confermato che una parte dei casi diagnosticati nell’uomo derivano da contatti sessuali.
Esistono terapie antivirali efficaci?
E’ stato autorizzato da EMA e AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco – Determina 25 marzo 2022; GU Serie Generale n.86 del 12-04-2022) per l’uso nell’uomo il tecovirimat. Questo antivirale agisce contro la proteina virale VP37 che costituisce parte del pericapside virale, così impedendo la formazione di virioni con struttura adeguata alla successiva diffusione del virus da cellula a cellula. L’autorizzazione sottolinea che tecovirimat è indicato per il trattamento del vaiolo, vaiolo della scimmia e vaiolo bovino negli adulti e nei bambini con peso corporeo di almeno 13 kg. Tecovirimat e’ anche indicato per il trattamento delle complicazioni dovute a replicazione del virus vaccinico a seguito di vaccinazione antivaiolosa. Viene anche ricordato che il farmaco deve essere somministrato per os e che le capsule rigide devono essere assunte entro trenta minuti da un pasto con tenore di grassi moderato o alto. Per i pazienti non in grado di deglutire le capsule rigide, è possibile aprire le capsule e miscelarne il contenuto con circa 30 mL di liquido (ad es. latte) o cibi morbidi (ad es. yogurt) e deglutire il tutto entro trenta minuti dalla fine di un pasto. Il dosaggio è di 200 mg (1 capsula) ogni 12 ore per 14 giorni nei soggetti da 13 kg a <25 kg, di 400 mg (2 capsule) ogni 12 ore per 14 giorni per i soggetti da 25 kg a <40 kg e di 600 mg (3 capsule) ogni 12 ore per 14 giorni per quelli ≥40 kg. Nei primati è stato dimostrato che questo farmaco funziona, non ci sono studi di efficacia nell’uomo. Gli studi di tollerabilità e sicurezza indicano che nell’uomo queste sono buone e solo un limitato numero di casi presenta cefalea e dolori gastroenterici. Inoltre, studi in vitro e su animali hanno dimostrato anche risultati di efficacia per cidofovir e brincidofovir. Inoltre, l’OMS suggerisce di somministrare integratori di vitamina A secondo le normali raccomandazioni in quanto riveste un importante ruolo nella guarigione delle lesioni e della salute oculare.
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