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Depressione e social media negli adolescenti
Importante informare le famiglie dei pericoli in rete
di Elena Bozzola, Gruppo di comunicazione scientifica SIP
Articolo pubblicato su Pediatria numero 7-8 – 2022, pag. 20-21
La pandemia ha prodotto una straordinaria accelerazione della digitalizzazione, con un vero e proprio boom di utilizzo di internet, smartphone e social media. Secondo il 17° Rapporto Censis, l’utilizzo degli smartphone nel 2020 è salito all’83,3% (con una crescita record rispetto al 2019: +7,6%). E sono lievitati al 76,6% anche gli utenti dei social network (+6,7%). Tra i giovani, di età compresa tra i 14 e i 29 anni, i media e le piattaforme online sono state sempre più consultate, tanto che l’analisi Censis ha rivelato che il 92,3% utilizza WhatsApp, l’82,7% YouTube, il 76,5% Instagram, il 65,7% Facebook. Più di un terzo ha accesso, infine, a Spotify e TikTok (rispettivamente il 36,8% e 34,5%). E se la spesa per libri e giornali crolla del 45,9%, aumenta di contro quella di computer, audiovisivi e accessori (+89,7%).
Quintuplicati i fruitori di TikTok under 5
Bambini e adolescenti non stanno a guardare. Anche nel mondo pediatrico si è assistito ad una maggiore digitalizzazione e fruizione dei contenuti e delle piattaforme on line. Uno studio condotto dal Pew Research Center su un campione di quasi 1.700 genitori negli Stati Uniti ha confrontato le abitudini di bambini minori di 11 anni a marzo 2020 e ad aprile 2021: il 70% dei bimbi con meno di 5 anni usa abitualmente il tablet e il 30% gioca con i videogiochi. In generale è aumentata la fruizione di social media e dispositivi digitali. Tra i bambini americani minori di 11 anni TikTok viene utilizzato dal 21% degli intervistati nel 2021 contro il 13% del 2020. Discorso analogo vale per altri social media, il cui utilizzo da parte dei giovanissimi è quasi raddoppiato in un anno passando dall’8% al 17% nel 2021. Ovviamente i dati sono variabili in base all’età del bambino, ma in ogni caso allarmanti: tra i più grandicelli, di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, la fruizione di TikTok è passata dal 21% nel 2020 al 32% nel 2021. Ma anche nei più piccoli, di età inferiore ai 5 anni, l’utilizzo è quintuplicato, passando dall’1% al 5%.
Discorso analogo anche per videogiochi e tablet, utilizzati rispettivamente dall’81% dei bambini (contro il 68% del 2020) e dal 51% (contro il 45% del 2020). Anche in questo caso, infatti, sebbene l’incremento sia stato maggiore nei bambini più grandi, vi è stato un sensibile aumento anche nei più piccoli. Se a marzo 2020 il 51% degli under 5 anni possedeva un tablet, un anno dopo la percentuale è passata al 69%. Simile considerazione per videogiochi e consolle che passano dal 16% al 29% per i più piccoli.
In Italia situazione non dissimile da quella americana
Un rapporto Istat riferisce che nel 2019 l’85,8% degli adolescenti italiani di età compresa tra 11 e 17 anni ha utilizzato regolarmente lo smartphone e oltre il 72% ha effettuato l’accesso a Internet tramite smartphone per lo più attraverso una connessione Internet a banda larga. Dall’inizio del periodo della pandemia, i dispositivi multimediali e l’accesso a Internet sono aumentati rapidamente, tanto che il rapporto Censis del 2021 ha rivelato un incremento anche progressivo dell’uso dello smartphone da parte degli adolescenti, che ha raggiunto il 95%. In particolare, la maggioranza degli adolescenti ha ammesso di utilizzare lo smartphone anche più frequentemente rispetto al passato con un utilizzo giornaliero superiore alle 3 ore nel 46% dei casi. Gli adolescenti si sono collegati a Internet per lo più da soli e non solo per motivi didattici. È aumentata la consultazione di social media, principalmente Instagram (72%), TikTok (62%) e YouTube (58%). Non essendo guidati e monitorati nel mondo digitale, i più vulnerabili possono essere esposti a diversi rischi, tra cui il cyberbullismo che colpisce il 7% dei ragazzi di età compresa tra 11 e 13 anni e il 5,2% degli adolescenti di età compresa tra 14 e 17 anni o lo stalking che colpisce più di 600 minori in Italia. D’altra parte, media e social network sono praticamente presenti in ogni casa e possono essere considerati una grande risorsa per chiunque, bambini e adolescenti compresi. Soprattutto durante il lockdown, l’accesso ad internet ha consentito la comunicazione con i pari, le attività educative come l’insegnamento scolastico nonché il contatto con parenti lontani.
Il rischio maggiore è però stato quello di tuffarsi in un eccesso di smartphone, dispositivi elettronici e social network, incappando in una vera e propria “overdose digitale”. È quanto, del resto, avvenuto in America: il 48% degli adolescenti ha trascorso una media di 5 ore al giorno sui social media e il 12% ha trascorso più di 10 ore. Tornare indietro non si può. Ma informare le famiglie dei pericoli in rete correlati all’utilizzo dei social media da parte dei minori fa parte del nostro compito di medici. In una revisione della letteratura, i rischi maggiori associati all’utilizzo di social media da parte dei minori sono rappresentati da: depressione, disturbi alimentari, cyberbullismo, problemi psicologici, disturbi del sonno, dipendenza, ansia, problemi legati alla sfera sessuale, problemi comportamentali, distorsione della percezione del proprio corpo, ridotta attività fisica, grooming online, problemi alla vista, cefalea e carie dentali.
Depressione da social
Indagare l’impatto dei social media sul benessere degli adolescenti è del resto una priorità a causa di un progressivo aumento di problemi di salute mentale o di dipendenze che conducono i minori al pronto soccorso. Non è ancora chiaro se l’uso dei social media porti a una maggiore depressione o se questi sintomi depressivi inducano le persone a cercare più i social media, il che potrebbe alimentare un circolo vizioso. Un recente studio multicentrico pubblicato su “Italian Journal of Pediatrics” ha evidenziato come in epoca pandemica, da marzo 2020 a marzo 2021, mentre gli accessi totali degli under 18 ai Pronto soccorso si sono quasi dimezzati (-48,2%), prevalentemente a causa della paura dei contagi, siano al contrario cresciuti dell’84% gli accessi per minori con patologie di interesse neuropsichiatrico. In particolare, sono aumentati addirit tura del 147% gli accessi per ideazione suicidaria, seguiti da depressione (+115%) e disturbi della condotta alimentare (+78,4%). Diversi studi internazionali hanno messo in luce che esiste una correlazione tra i sintomi interiorizzanti, come depressione e ansia, e l’uso dei social media. La comunicazione digitale e l’utilizzo di spazi virtuali sostituiscono il contatto faccia a faccia e il confronto empatico tra pari. Più tempo gli adolescenti trascorrono sui dispositivi sociali, più alti livelli di depressione vengono segnalati. Ciò avviene un po’ dappertutto. Ad esempio, in Svezia, trascorrere più di 2 ore sui social media è stato associato a maggiori probabilità di depressione. Così pure in Egitto, gli studenti che hanno un uso problematico di internet hanno rischio di comorbilità psichiatriche più elevate, come depressione, ansia e tendenze suicidarie. Addirittura, si parla di “depressione da Facebook”, termine coniato per identificare una relazione tra depressione e attività di social networking. Gli adolescenti con depressione da Facebook possono essere a loro volta maggiormente a rischio di isolamento sociale e più vulnerabili a droghe o problemi comportamentali, tra cui il cyberbullismo. Di contro, l’esercizio fisico rappresenta un buon antidoto contro la depressione, soprattutto nella fascia d’età 13-18 anni. Ovvero un’attività sportiva, anche se lieve/moderata, ma regolare, ovvero per 3 volte alla settimana, si è dimostrata in grado di alleviare la depressione in 6-12 settimane in chi ne era già stato colpito. Uno studio australiano, tuttavia, ha rilevato che l’attività fisica non organizzata diminuisce tra gli 11 e i 13 anni, specialmente nei bambini con un grande aumento delle attività di sms, e-mail, social media e altri usi di internet. In pandemia l’attività fisica di bambini e adolescenti è diminuita ancora di più, addirittura del 20% rispetto al periodo pre-pandemico. Ad essere maggiormente penalizzata è stata quella intensa, ridotta addirittura del 32%. Con conseguente aumento di uno stile di vita sedentario e il rischio di sviluppare sovrappeso e obesità.