Obesità 4.0

Riflessioni sul Documento WHO 'Obesity 2022' della Organizzazione Mondiale della Sanità

di Rita Tanas, Maura Carabotta, Riccardo Lera, Francesco Chiarelli

Articolo pubblicato su Pediatria numero 9 – 2022, pag. 12-13

Le recenti indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO) costituiscono un approccio nuovo al problema obesità, incluso l’obesità in età pediatrica. Dopo aver chiesto agli stati membri dell’Europa la riduzione del 50% della sua prevalenza e, successivamente, solo la stabilizzazione per il 2025, la WHO, nel documento ‘Obesity 2022’, mette in allerta sul fatto che nessun Paese è sulla buona strada per raggiungere quest’obiettivo. Il documento contiene numerose importanti raccomandazioni e innovativi temi: è auspicabile che i decisori politici, i responsabili della formazione universitaria e le società scientifiche, soprattutto pediatriche, lo studino attentamente e ne condividano i contenuti (https://bit.ly/3RTmDES).

Tra i temi di rilievo si sottolinea: il bisogno di una nuova narrazione dell’obesità, non solo come malattia, ma come malattia cronica complessa sia nella eziologia che nella gestione per la sua storia naturale, secondo la quale una volta manifestatasi, senza interventi continuativi, tende spontaneamente a perdurare e aggravarsi; l’importanza dell’età evolutiva a cominciare dal pre-concepimento; il ruolo dell’ambiente obesogenico, che la WHO da sempre cerca di contrastare. Il principio del programma ‘Gaining the health’, ovvero rendere facili le scelte salutari, è stato sovvertito. Nel mondo attuale l’invito ad uno stile di vita non salutare è sempre più insidioso, forte e aggravato dall’avvento dei social e dal loro aumento durante la pandemia Covid-19. Strumenti di monitoraggio evidenziano l’elevato livello di esposizione fuori controllo di bambini e ragazzi a marketing di cibo non salutare attraverso social, influencer, app di delivery, inserzioni pubblicitarie e video game;  la mancata consapevolezza della popolazione generale e dei professionisti della salute. Nonostante l’obesità sia da anni inserita fra le malattie croniche e riconosciuta come malattia complessa ad eziologia multifattoriale, moltissime persone la ritengono dovuta esclusivamente alla cattiva gestione personale. Queste errate percezioni sostengono un forte stigma del peso (ovvero attribuire caratteristiche negative alle persone con obesità senza neppure conoscerle e di conseguenza deriderle e discriminarle) nella popolazione e nei sanitari. Dal 2017 la WHO sta cercando di contrastarlo attivamente (https://bit.ly/3rBNhXA).

La mancanza di formazione dei sanitari, ovvero la loro ‘analfabetizzazione’, è un forte determinante di obesità: migliorare le conoscenze, le competenze e le capacità comunicative professionali per aumentare la consapevolezza della popolazione e contrastare lo stigma è considerato un punto di particolare rilevanza. Occorre modificare anche le campagne di salute pubblica rendendole neutre sul peso, dando loro come obiettivo la salute e non la riduzione ponderale. Anche il mancato riconoscimento da parte di molti politici dell’obesità come malattia socio-ambientale, che richiede sforzi in tutti gli ambiti (urbanistico, scolastico e sanitario), ostacola il suo contrasto, ignorando le disuguaglianze nella popolazione. Nell’ambito più propriamente sanitario vengono affrontate le comorbilità dell’obesità, fisiche e mentali, compreso l’aumentato del rischio di almeno 13 forme di cancro e di ammalare di forme gravi e mortali di Covid-19. Oggi si stima che l’obesità stia superando il fumo fra i fattori di rischio oncologico.

I punti di maggior rilievo sulla gestione sanitaria del peso per i pediatri italiani sono: la carente formazione professionale e la necessità di riorientare le cure alla salute, piuttosto che alla riduzione di peso o BMI. Occorre migliorare il modo di fare e comunicare la diagnosi in età evolutiva, non solo in base al BMI zscore, valutato secondo le carte WHO del 2006-2007 e i suoi ‘cut-off’. Si propone l’uso del costrutto breve delle 5As e dell’Edmonton Obesity Stage System – Paediatric (EOSS-P) già in uso in Canada, che hanno dimostrato di facilitare l’approccio ed evidenziare con accuratezza i bambini con maggiori bisogni assistenziali, rischio di persistenza e aggravamento.

La gestione sanitaria del peso va affrontata secondo approcci nuovi, adeguati alle varie età, sottolineando il bisogno di cure per tutta la vita. L’evidenza indica che le preferenze alimentari e le soglie di sazietà si stabiliscono nella prima infanzia e dopo sono difficili da cambiare. Pertanto, modelli più salutari condivisi in famiglia possono diffondere abitudini alimentari e stato ponderale migliori da una generazione all’altra. Per i bambini sotto i 10 anni di età le cure primarie sono la sede della cura; solo per gli adolescenti con obesità moderata/grave sono necessari team multidisciplinari di 2-3° livello. Occorre programmare finanziamenti adeguati a realizzare progetti che possano fornire sostegno alle famiglie per un miglioramento dello stile di vita alimentare e motorio. Le cure attuali sono frammentate, senza collaborazione fra i vari livelli e settori, senza un percorso chiaro che preveda l’educazione delle famiglie, e soprattutto sotto-finanziate con grave carenza di personale. Le cure vanno offerte in particolare alle classi sociali più disagiate, ad alto rischio di prendere consapevolezza del problema tardivamente e di non trovare assistenza. Occorrono, pertanto, nuovi investimenti, particolarmente nel settore delle cure primarie. Il tasso di successo sul peso registrato persino nei migliori progetti di ricerca è basso (in media il BMI zscore resta quasi invariato). Nonostante ciò, si può ottenere una importante riduzione del rischio di comorbilità, riducendo le attese irrealizzabili tradizionali e curando secondo i principi di condivisione, rispetto e collaborazione interprofessionale. È molto importante che anche la formazione universitaria sia orientata anche a questa nuova gestione del peso nei bambini. I corsi universitari e post universitari si focalizzano attualmente sulle complicanze senza dare indicazioni su come comunicare con i pazienti e intervenire nella pratica clinica per sostenere motivazione e aderenza terapeutica nel tempo. Stiamo imparando a conoscere il ruolo dello stigma del peso e soprattutto della sua interiorizzazione, sulla salute psicofisica di adulti e adolescenti, non sappiamo quasi nulla dello stigma precoce del bambino! I bambini non si raccontano, non compilano questionari, ma vanno male a scuola fino a smettere di frequentare se sono rifiutati e lasciati in solitudine.

Concludendo…

Nel dicembre 2021 la Carta di Ginevra sul benessere ha rimarcato “il bisogno di un impegno globale per ottenere risultati sanitari e sociali equi, ora e in futuro, senza distruggere la salute del pianeta”. La WHO è pronta a condividere le migliori pratiche realizzate e offrire supporto alle politiche per la salute. Tutti noi pediatri dobbiamo sviluppare consapevolezza su come l’obesità contribuisca alle disuguaglianze nella società per capire come sostenere meglio i gruppi più vulnerabili e garantire a tutti l’accesso a cure di qualità. È necessario comprendere meglio l’influenza dell’ambiente, limitare la pubblicità di prodotti non sani rivolta ai bambini e rafforzare l’alfabetizzazione mediatica della popolazione, integrandola nel sistema scolastico. L’industria alimentare crea spesso narrazioni sofisticate per superare le raccomandazioni sulla salute sostenendo di esaudire le richieste dei consumatori, così scaricando su di loro la responsabilità di un ambiente non-sano. Devono, dunque, essere evitati conflitti di interesse nel finanziamento della ricerca e deve essere definita una tabella di marcia per l’industria in un quadro di corresponsabilità. È necessario dimostrare l’esito dell’adozione di opzioni alimentari sane, come sussidi su frutta e verdura, e sviluppare strategie ottimali per la riformulazione dell’industria degli alimenti non-sani. Occorre, inoltre, rafforzare gli interventi sanitari di base e creare una rete strutturata di centri per la gestione dell’obesità. La WHO ha appena avviato percorsi di formazione in Macedonia per migliorare la competenza degli operatori sanitari e si impegna a facilitare gli accordi tra i responsabili politici per una copertura sanitaria universale, intraprendere finanziamenti per un accesso equo ai servizi di gestione dell’obesità, promuovere raccolte dati di qualità volti a conoscere meglio l’onere dell’obesità, in particolare in bambini e adolescenti. Nel suo complesso il progetto presentato richiede un insieme di scelte politiche innovative forti che diano risorse alla sanità volte ad organizzare un’assistenza di qualità, proporzionale al numero dei bambini e adolescenti che potrebbero farne richiesta. Purtroppo, non ci sono progetti italiani di qualità da indicare agli altri Stati. In Italia vige il primato europeo di prevalenza dell’obesità nei bambini di 8-9 anni, confermato nel 2019. Nonostante ciò, i dati triennali 2022 e quelli sull’età prescolare non sono stati raccolti. La WHO, comunque, conclude ottimisticamente che tutti i Paesi si stanno impegnando e che l’Europa (quindi anche l’Italia) ce la può ancora fare.