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Antibiotici in Pediatria, pubblicato il Rapporto AIFA 2021
Il maggior livello di esposizione riguarda la fascia 0-2 anni. Esiste una tendenza a preferire antibiotici ad ampio spettro anche quando vi sono alternative efficaci e meno impattanti sulle resistenze. Forte eterogeneità geografica
Articolo tratto da Pediatria Magazine numero 3 (2023)
È stato presentato il Rapporto “L’uso degli antibiotici in Italia – 2021”, a cura dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’AIFA, pubblicato sul portale dell’Agenzia (https: //bit.ly/3MnSHkq). Dallo studio è emerso che nel 2021 è proseguita la tendenza di riduzione dell’uso di antibiotici (-3,3% rispetto al 2020), sebbene i consumi si siano mantenuti ancora superiori a quelli di molti Paesi europei. Nel confronto europeo è emerso inoltre in Italia un maggior ricorso ad antibiotici ad ampio spettro, che hanno un impatto più elevato sullo sviluppo delle resistenze antibiotiche. Il Rapporto contiene un focus sull’età pediatrica, del quale riportiamo alcuni dei punti più salienti.
Nel 2021 circa un quarto della popolazione italiana fino ai 13 anni di età (23,7%) ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, con una media di 2 confezioni per ogni bambino trattato; questi dati risultano in riduzione rispetto al 2019.
Complessivamente, confrontando il 2021 con il 2020, si registrano in tutte le aree geografiche riduzioni sia in termini di numero di confezioni che di prevalenza d’uso. Ciò è attribuibile alle misure adottate anche nel 2021 per contenere la trasmissione di SARS-CoV-2 che sono risultate efficaci anche nel ridurre la frequenza delle comuni infezioni, soprattutto nel periodo invernale.
Il maggior livello di esposizione si rileva nella fascia compresa tra 2 e 5 anni, in cui circa quattro bambini su dieci ricevono almeno una prescrizione di antibiotico senza differenze tra i due sessi; infatti, il tasso di prescrizione è superiore nei maschi rispetto alle femmine, ciò si rileva anche nella fascia 0-1 anno.
Si osserva una tendenza a preferire antibiotici ad ampio spettro anche quando vi sono alternative efficaci e meno impattanti sulle resistenze. Questo approccio prescrittivo inappropriato viene utilmente sintetizzato dal rapporto antibiotici ad ampio spettro/spettro ristretto, pari a 4,7 nel 2021, che mostra un peggioramento rispetto al 2019 (4,0). Le associazioni di penicilline e inibitori delle beta-lattamasi, i macrolidi e le cefalosporine, considerati di seconda scelta per il trattamento delle infezioni pediatriche più comuni, sono i più utilizzati con prevalenze d’uso rispettivamente del 11,6%, 7,1% e 6,0%. Le penicilline a spettro ristretto (es. amoxicillina) hanno invece una prevalenza d’uso pari al 4,7%.
L’amoxicillina associata ad acido clavulanico, in particolare, viene prescritta più frequentemente della semplice amoxicillina nonostante quest’ultima sia la prima scelta per il trattamento delle più frequenti infezioni pediatriche.
Esiste una forte eterogeneità su base geografica. Tra le regioni del Sud e quelle del Nord vi è una differenza nei valori di prevalenza d’uso di antibiotici superiore ai sei punti percentuali (rispettivamente 27,3% e 20,9%). Importanti differenze si rilevano anche in termini di classi di antibiotici prescritti. Al Sud si osserva un maggior utilizzo di antibiotici ad ampio spettro, al Nord vi è una maggior prevalenza d’uso delle penicilline di prima scelta.
Il target di almeno il 60% di antibiotici appartenenti al gruppo Access, fissato dall’OMS sulla base della classificazione AWaRe, è stato raggiunto nel 2021 solo al Nord. Su base nazionale più del 40% delle confezioni di antibiotici erogate appartenevano infatti alle categorie Watch o Reserve (antibiotici non di prima scelta per il trattamento delle infezioni più frequenti), con rilevanti differenze tra aree geografiche (Nord 33,3%; Centro 42,1%; Sud 53,9%).
“La lettura critica dei risultati relativi ai consumi territoriali di antibiotici – si legge nel Rapporto – consente di identificare due importanti aree di miglioramento in ambito nazionale e locale:
-limitazione del gap esistente tra le diverse aree geografiche in termini di consumi complessivi e per categoria di antibiotici, prendendo a riferimento le regioni con i migliori profili prescrittivi;
– incremento dell’appropriatezza prescrittiva in termini qualitativi (scelta degli antibiotici raccomandati per le infezioni trattate)”.