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Malattie croniche intestinali nei bambini: al Congresso SIP il punto sulle terapie
Malattie croniche intestinali nei bambini: non più così rare e a insorgenza sempre più precoce.
Ne soffre 1 bambino su 2.000, sempre più casi anche tra i piccoli sotto i 6 anni, molte le forme “non classificate”.
Al Congresso SIP il punto sulle terapie:con approccio multiomico si va verso medicina personalizzata
“Le malattie croniche intestinali (MICI) nei bambini non sono più malattie rare, come un tempo. Non solo registriamo un aumento, ma ne vediamo l’insorgenza sempre prima, anche nei bambini sotto i 6 anni, persino sotto i 2 anni”. Ad affermarlo Marco Gasparetto, Professore Associato di Gastroenterologia Pediatrica a Norwich, Regno Unito, intervenendo al 78° Congresso Italiano di Pediatria in corso a Torino.
Le MICI sono patologie complesse e multi-fattoriali. Le due forme principali sono la malattia di Crohn (MC) e la rettocolite ulcerosa (RCU), sebbene stiano diventando sempre più frequenti le cosiddette forme “non classificate”, nelle quali le manifestazioni cliniche non consentono una chiara distinzione tra le due. I sintomi di presentazione sono: calo ponderale, dolore addominale, diarrea, presenza di sangue nelle feci e ritardo dello sviluppo puberale. L’esordio e le riacutizzazioni di queste patologie sono particolarmente invalidanti per bambini ed adolescenti, con frequente compromissione della crescita e della qualità di vita.
Nel corso del secolo scorso, durante il processo di industrializzazione, l’incidenza e la prevalenza delle MICI sono aumentate drasticamente nei paesi occidentali, e la tendenza sta similmente aumentando in Paesi attualmente in fase di industrializzazione, che sinora avevano sempre registrato tassi inferiori: da qui l’interesse della comunità scientifica per il ruolo dei fattori ambientali, come ad esempio la dieta.
L’attuale prevalenza di MICI in età pediatrica, in Europa Occidentale, è di 0.6 bambini ogni 1000, circa 1 caso ogni 2000 bambini, mentre l’incidenza stimata in diversi studi va da 5.4 a 17.4 ogni 100.000 bambini. In Italia, più di 250.000 persone sono affette da MICI e l’incidenza in età pediatrica è aumentata nel corso degli anni a riflettere il trend in tutti i Paesi industrializzati o in via di industrializzazione, passando da 0.9 nuovi casi ogni 100.000 soggetti nel 1996 agli attuali 2.04 casi ogni 100.000 soggetti.
Diverse da quelle degli adulti
Le MICI diagnosticate nell’infanzia sono diverse da quelle diagnosticate durante l’età adulta e la loro gestione presenta sfide peculiari legate all’età, come gli effetti psicologici della malattia, le assenze dalla scuola e l’eventuale ritardo nella crescita e nello sviluppo puberale. Il costo della cura dei bambini supera quello degli adulti e va tenuto presente che ai più piccoli deve essere fornita un’assistenza sanitaria per tutta la vita.
La genetica spiega meno di un terzo dei casi
“Fattori genetici, epigenetici, ambientali ed immunologici sono coinvolti nello sviluppo di queste patologie; tuttavia, non è stata ad oggi individuata una causa specifica in grado di spiegare interamente queste condizioni. Quello che si sa è che sono malattie immunomediate (ossia malattie in cui il sistema immunitario innesca risposte infiammatorie contro il proprio organismo). Ad oggi, non è disponibile una cura definitiva per quanto siano stati sviluppati numerosi nuovi trattamenti. Più di 240 mutazioni genetiche sono state individuate ad oggi in correlazione alle MICI; tuttavia, tali fattori genetici spiegano meno di un terzo dei pazienti diagnosticati, il che ha stimolato ulteriormente la ricerca focalizzata su epigenetica e fattori ambientali. In particolare, la dieta ed il suo ruolo nella modulazione della flora intestinale rappresenta un’area di ricerca in continua espansione per quanto un ruolo protettivo o preventivo di modelli dietetici specifici non sia stato ad oggi dimostrato”, prosegue Gasparetto.
La dieta occidentale è un fattore di rischio
Anche la Prof.ssa Annamaria Staiano, Presidente SIP e past-president della Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica ribadisce l’importanza del ruolo della dieta: “L’aumento di incidenza delle MICI a livello globale nell’ultimo secolo e la progressiva anticipazione dell’età di insorgenza pone sempre di più l’accento sul ruolo dei fattori ambientali. La rivoluzione industriale e la globalizzazione hanno in particolare portato alla diffusione di massa della cosiddetta dieta occidentale, caratterizzata da un eccessivo consumo di grassi, carboidrati raffinati e da un basso intake di frutta e vegetali. La letteratura individua la dieta occidentale come uno dei fattori di rischio ambientali più rilevanti nello sviluppo di MICI. Pertanto, lo sviluppo di diete in grado di indurre e mantenere la remissione delle MICI è certamente un obiettivo primario della ricerca. In aggiunta, si accumulano evidenze su come la dieta mediterranea possa avere un ruolo preventivo nello sviluppo di MICI. Alle nostre latitudini dovremmo certamente come Pediatri raccomandare il suo utilizzo a partire dalle prime epoche della vita”.
Liquide, solide o miste? Gli studi sulle diete nei bambini con morbo di Crohn
Mentre studi su terapie dietetiche per le malattie infiammatorie croniche intestinali in bambini e adulti sono in corso, allo stato attuale la dieta liquida per 6-8 settimane rimane la raccomandazione principale per la remissione dei sintomi nella malattia di Crohn. Questa dieta consiste generalmente in una formula polimerica che al bambino viene richiesto di introdurre a completa sostituzione della dieta solida, durante 6-8 settimane. Si tratta di un approccio terapeutico efficace ma temporaneo, seguito dall’introduzione di una terapia farmacologica una volta che il bambino ritorna ad una dieta solida normale. Risultati promettenti sono emersi da uno studio nei bambini trattati con la “CD-TREAT”, una dieta solida specifica che mima nei componenti quella liquida. Un approccio alternativo di terapia dietetica è la CD-ED (Crohn’s disease elimination diet) ovvero la somministrazione di una dieta mista (cibi solidi e formula polimerica) senza gli emulsionanti sintetici che spesso si trovano nei cibi industriali e contribuiscono all’alterazione del microbiota ed allo stato di infiammazione cronica dell’intestino.
Si va verso approccio “multiomico” e verso una “medicina personalizzata” Intanto la ricerca di base e traslazionale attuale in ambito di MICI mira ad analizzare dati complessi attraverso vari livelli (genetica, epigenetica, proteomica, metabolomica, microbiota) ed a correlare questi segnali (“multi-omics approach”) con la presentazione ed il decorso clinico di malattia. L’obiettivo è identificare bio-marcatori diagnostici e prognostici che permettano di avanzare verso una medicina sempre più personalizzata … Ovvero “trattare il paziente giusto con la terapia giusta al momento giusto”. Continui progressi nell’identificazione di fattori ezio-patogenetici e di biomarcatori saranno fondamentali per garantire ai bambini e agli adolescenti affetti da queste patologie una qualità di vita migliore.
Bibliografia
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Kuenzig ME, Fung SG, Marderfeld L, et al. Tendenze del ventunesimo secolo nell’epidemiologia globale delle malattie infiammatorie intestinali a esordio pediatrico: revisione sistematica. Gastroenterologia 2022 ;162(4):1147-1159.
Svolos V, Hansen R, Nichols B, et al. Trattamento della malattia di Crohn attiva con una dieta alimentare ordinaria che replica la nutrizione enterale esclusiva. Gastrpenterologia 2019; 156(5): 1354-67.
Bibliografia per lo studio sulla dieta CD-ED:
Levine A, Vino E, Assa A, et al. La dieta di esclusione della malattia di Crohn più la nutrizione enterale parziale induce una remissione prolungata in uno studio randomizzato e controllato. Gastroenterologia 2019; 157(2): 440-450.